Da qualche parte più vicino a lei.

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CAT_IMG Posted on 28/10/2012, 02:33

Heaven's a distance, not a place.
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Un mondo di sogni senza speranze.

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Entra in casa e lascia sbattere la porta. Attraversa il corridoio velocemente, va nella stanza dove sa che l’avrebbe trovata. Ma lei non c’è. Chiama il suo nome. Un sussurro che cresce d’intensità fino a trasformarsi in un urlo rabbioso. Il suo nome. Muore di nuovo in un debole mormorio.
Gira per casa con i nervi a mille, guarda su tutti i mobili, ma non ci sono foto di lei: le ha chiuse tutte nei cassetti, nascoste alla vista. Averle davanti tutto il giorno sarebbe un dolore straziante che lui non è in grado di sopportare. Ogni tanto, però, di notte, si concede a quel male crudele che lo divora da dentro. Si perde negli occhi di lei, nelle sue rughette d’espressione, nei suoi capelli scuri e lunghi, nelle sue braccia sottili, in quella visibile fragilità che avrebbe voluto proteggere a costo della vita. Ma non l’ha fatto.
Perché era lontano.
Entra nel bagno sperando che l’acqua gelida gli ammortizzi i sensi: la rabbia, l’ansia, la paura, la sofferenza dilagante. Se ne bagna il volto finché può, poi capisce l’inutilità della faccenda e rinuncia. Alza il viso verso lo specchio e, per un momento – un solo fugace momento – nei suoi occhi vede quelli di lei. Al posto dei soliti occhi, ci sono i suoi a rispondere allo sguardo. Sorridono con dolcezza, colmi di accettazione e comprensione. Come se sapesse. Ma è solo un attimo. Poi il viso innocente sparisce e torna quello arrossato di lui. Si lascia uscire un verso animalesco mentre con un pugno fa a pezzi il vetro dove ha smesso di riflettersi l’immagine di lei.
Corre nel salone, la rabbia dilaga ovunque ci sia spazio a sufficienza, lui dà forti colpi alle pareti tra un passo e l’altro. Getta un’altra occhiata alla divisa che poco prima ha visto riflessa nello specchio, e con un altro gemito si strappa via la maglia di dosso, riducendola in brandelli. Raggiunge il salone, si siede allo sgabello del pianoforte.
Del sangue gli cola dalle mani sui tasti, tuttavia lui continua a suonare. Lacrime gli solcano il viso arrossato e si ode a malapena la sua voce roca sussurrare: «Mi dispiace» tra un singhiozzo e l’altro, mentre le note tentano quasi vanamente di sciogliere il grumo del suo dolore, della sua colpa.
Suona. Prima la canzone preferita di lei, poi l’inno nazionale del loro paese. Lo suona e il suo sguardo volge inevitabilmente alla divisa lacera sul pavimento. Eccolo. Tutto il suo amore patriottico. Eccolo lì.
Sepolto insieme a lei, da qualche parte tra le macerie di una guerra che brama la devastazione. E sa ottenerla.
Eccola lì, tutta la sua vita. Tutte le cose che ha amato, per cui ha lottato. Ecco il suo addestramento. Ecco i giorni trascorsi al suo fianco. Eccolo tutto lì.
Lui era lontano. Stava uccidendo.
E lei era a casa. Non era con lui.
Lui era lontano. Lei era in attesa.
Lui uccideva. Lei è morta, tra un colpo e l’altro.
Qualcuno l’ha uccisa. Lui ha ucciso qualcuno.
Eccoli tutti lì, i suoi giorni di vita vera. Stretti tra le sue mani, nello spazio rimasto tra i tasti, la maglia e la sua arma.
Muoiono insieme alla sua voce mormorante: «Scusa», muoiono insieme all’ultima nota del suo Inno Nazionale, muoiono insieme a lui.
Lontano da lì, lontano da quella disumana guerra.
Vicino a lei.
Non so se è molto chiaro xD Quindi spiego qui: lui è, chiaramente, un soldato di ritorno dalla guerra. Sua moglie (la sua fidanzata, la sua compagna, insomma vedetela come volete) è morta mentre lui era in servizio. Lui lo sa già da tempo. È in un breve periodo di congedo e quindi va comunque a lavoro, ma rimane in caserma. Un giorno torna a casa e succede quello che ho descritto.
Prequel: lui era in servizio in un qualche fronte, lei era in città ad aspettare il ritorno di lui. Ovviamente lei aveva paura e temeva che non l'avrebbe più rivisto, lui - con l'impeto e la rabbia di un giovane e idealista patriota - dà tutto sé stesso sul campo di battaglia. Un giorno gli giunge la notizia della morte di lei e gli è concesso di tornare a casa per questo breve congedo causa lutto. In casa ripensa a tutto quel che hanno vissuto, ogni cosa gli ricorda lei. La rabbia per l'orrore della guerra lo assale e realizza quanto sia crudelmente ingiusto quello che è successo. Poi c'è il senso di colpa e comincia a odiare sé stesso per quel che ha fatto: era sul fronte di battaglia a uccidere a sangue freddo mentre qualche bombardiere ha sparato sulla donna che amava. Realizza la controproducente inutilità dell'aspra guerra che gli infuria intorno e - questo forse non si capisce - si suicida con la sua pistola di servizio.


Edited by »Elisewin. - 28/10/2012, 10:36
 
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